Un giorno di due mesi fa dopo più di dieci anni senza sentirci Massimo mi chiede se mi andava di condividere due parole, attraverso il suo blog, sul mio attuale stato di expat, migrante o che dir si voglia.
Sono le 4 del mattino di Domenica. Sono tornato a casa da un viaggio di lavoro di due mesi nel nord della Cina. Casa mia adesso è tra Austin (Texas) e Baotou (Inner Mongolia-Cina).
Come dicevo prima, Io e come me tantissimi altri, siamo emigranti, expats o semplicemente cittadini di un mondo diventato piccolissimo.
Il mondo cambia velocemente e le categorie che lo definiscono fanno fatica a stare dietro a questo cambiamento.
Nel mio lavorare all’estero non c’è nulla di straordinario. Se mi guardo intorno la stragrande maggioranza delle persone che conosco vive e lavora lontano dal luogo in cui è cresciuto/a come trovo spesso poco condivisibile l’idea dei cervelli in fuga.
Non sempre siamo forzati a dover lasciare il nostro paese. Siamo esposti a infinite possibilità di conoscenza e realizzazione e abbiamo la fortuna di andare a raccoglierle dovunque queste si presentino.
Parlo solo delle persone che vivendo nei paesi OECD o simili hanno effettivamente la possibilità di considerare il “mondo come la loro conchiglia”.
Tutto questo, con il rischio troppo alto di generalizzare, per dire che non mi sento un emigrante o un expat. Mi sento un cittadino del mondo che ama il paese dove è cresciuto e ancora di più il mondo e il tempo in cui gli è stato dato di vivere.
Detto ciò la condizione personale in cui mi vengo a trovare, pur non essendo isolata, è unica perchè mi riguarda e condivisibile perchè sicuramente simile a molti altri che provano le mie sensazioni.
Bruce Chatwin, in “Anatomia dell’Irrequietezza” risponde, a mio avviso, meglio di molti altri alla domanda cos’è casa:
“Non molto tempo fa, dopo anni di vagabondaggio, decisi che era ora, non di mettere radici, ma almeno di farmi una casa. Pensai i pro e i contro di una casuccia imbiancata a calce su un’isola greca, di un cottage in campagna, di una garconniere sulla Rive Gauche, e di varie alternative tradizionali. Alla fine, conclusi, tanto valeva far base a Londra. Casa, dopotutto, è dove sono i tuoi amici. Consultai un’americana, veterana del giornalismo, che per cinquant’anni ha trattato il mondo come il cortile di casa sua. “Londra ti piace davvero?” le chiesi. “No” disse lei, con voce roca sigarettosa” ma Londra è un posto come un altro per appendere il cappello”.
Io un posto dove appendere il cappello non l’ho ancora trovato ma la mia casa è nel mio cuore, dove sono tutti i miei amici e le persone che amo ed è forse per questo che ora sento come casa entrambe, il mio appartamento ad Austin e quello dove tornerò fra qualche mese a Baotou.
Pur riconoscendo l’esistenza di un luogo d’origine e la maggiore semplicita’ di rapporti tra persone che condividono la stessa matrice culturale mi rendo pure conto della bellezza di essere esposti a costumi totalmente (Cina) o sottilmente (USA) diversi dai nostri e a persone che non vedendo quello che tu vedi possono mostrarti cose che mai saresti in grado di vedere da solo se rimanessi seppellito nel comfort dei tuoi confine e della tua culla culturale.
Vivo in un continuo stato di estasi, frustrazione e meraviglia e grazie alle varie applicazioni VoiP posso rimanere in contatto con chiunque voglia.
Una delle cose che mi piace moltissimo è la possibilità di vivere e lavorare in più timezones, il nostro pianeta è piccolo quanto sono le 24 ore che separano due albe e allo stesso tempo immenso e parte dell’immensità che questo cielo nasconde il giorno e rivela la notte.
Caro Max non so bene cosa aggiungere…
Caro Davide non devi aggiungere altro… Ti voglio bene e ci vediamo presto!
Scritto da Davide Prosperi
Foto Davide Prosperi
Grazie Massimo per l’opportunità che mi hai dato e che ci dai, attraverso il tuo blog, di condividere stati d’animo, riflessioni es emozioni. Ti abbraccio forte
Grazie a Te fratello mio aspetto con ansia il tuo prossimo articolo