Quando si pensa ai grandi Vini Italiani nel mondo si pronunciano sempre tre grandi vini per eccellenza: il Barolo, il Brunello e l’Amarone. Ed è per questo, e altri innumerevoli motivi, che iniziai a lavorare nel mondo del vino, volevo capire, comprendere, studiare, visitare queste tre grandi eccellenze italiane.
La prima volta che visitai la zona del Valpolicella mi ricordo benissimo che la mia cultura su tale zona di produzione era veramente scarsa, ma la passione per i luoghi e la loro storia mi hanno sempre aiutato a sopperire nelle difficoltà che mi hanno sempre accompagnato.
Stavo crescendo con il mito di Veronelli e delle sue ricerche specifiche dei prodotti e prima di tutto degli uomini e della terra, ogni volta sentivo parlare di persone incredibili e nello stesso tempo così semplici, e mentre viaggiavo tra un luogo e l’altro non vedevo l’ora di tornare a casa per approfondire il tema.
Quando tornavo a casa la prima cosa che facevo era cercare in rete tutti gli articoli, le degustazioni di questi uomini che prima di tutto facevano parlare le proprie origini e la loro terra e poi del loro vino. Al centro di tutto e dei loro pensieri c’era sempre questa vallata, la Valpolicella, disegnata dalle mani sapienti di grandi artisti e uomini, e di questo affascinante vino, l’Amarone.
È per questo che ho iniziato ad innamorarmi di questo vino così complesso e nello stesso tempo unico nel suo genere, che, per tutti i sommelier, gli appassionati, i giornalisti e addetti ai lavori, era considerato UNICO e soprattutto consideravano tale terroir un riferimento per tutti.
Da quel periodo che Io chiamo di gioventù è passato tanto tempo, sono tornato tante e tante volte nella zona del Valpolicella che ho perso il numero, ma mi rendo sempre più conto adesso, che ho cercato di riaprire i cassetti della memoria, che tutto quello che ho letto, sentito, discusso, studiato, degustato sull’argomento risulta essere vero e nello stesso tempo accaduto veramente, come se tutto quello che avevo studiato fosse già scritto in quegli anni, cioè che le cose non sarebbero andate come tutti ci aspettavamo.
All’epoca mi sentivo un talent scout di un terroir che era tra quelli non amati dai colleghi e dal consumatore emancipato e non: sentivo sempre le stesse conclusioni: troppa uva, vini senza identità, e poi questo Amarone, un rosso da uve passite quasi dolce, però secco, che stranezza… e poi come lo spiego al mio cliente e con che cosa posso abbinarlo, e perché dovrei venderlo nella mia enoteca nella mia carta…… Insomma mi sentivo di avere tra le mani qualcosa di veramente unico e raro e che se le persone non lo capivano era meglio, potevo stare ore e ore a parlare finalmente di qualcosa di più grande di un prezzo e di un colore dentro un bicchiere oppure di una sensazione finale in bocca, potevo finalmente parlare del terroir.
Stavo iniziando il mio percorso interiore e professionale.
“Bisogna prima di tutto conoscere i luoghi ancor prima dei vini…”
Ma tutto questo accadeva solamente nella mia mente e nel mio cuore, il mercato prima ancora di arrivare a Me si era già impossessato dell’Amarone e della sua zona, io credevo che si sarebbe creato un progetto educativo, avrei voluto vedere le guide del settore parlare del produttore e della sua terra prima ancora della bottiglia e della sua etichetta e del suo prezzo, avrei voluto vedere crescere un movimento culturale enologico e di stima del mercato, volevo immaginare che si parlasse del contenuto prima ancora del prezzo più basso da inserire in un supermercato oppure in una nuova zona di vendita, avrei voluto che si smettesse di stare a discutere su come riuscire a creare business invece di creare le basi per un futuro roseo e professionale per tutti.
Ma tutto questo non è accaduto!
Il mercato non è, e non sarà mai, questo, oggi nascono Cantine e Aziende ogni giorno e piccoli contadini vedono crescere i propri conti in banca in maniera esponenziale, il mercato è cambiato e le grandi come le piccole aziende devono sopravvivere. Oggi più che mai la Valpolicella è cambiata, come sono cambiati i suoi interpreti e i suoi vini: è disunita, non ha più o forse non lo ha mai avuto una guida, vuole impressionare il mondo con ettolitri e ettolitri di vini irriconoscibili.
Una volta ho letto in una delle innumerevoli riviste della mia libreria personale che il vino della Valpolicella non è solo il mezzo di sostentamento, è prima di tutto il parametro per valutarne la felicità.
Sono passati decenni, ma la mia voglia di cercare sempre qualcosa di unico e raro mi ha portato di nuovo a visitare quelle bellissime vallate del Valpolicella grazie ad una scoperta nata per caso durante il Vinitaly 2013. Mentre stavo degustando le bollicine di Prosecco del mio amico fraterno Marco Cuscito dell’Azienda Giavi, mi imbattei in una degustazione che non avevo assolutamente messo tra le mie priorità: l’Azienda DAMOLI BRUNO, nel Consorzio della Valpolicella. Non ricordo il motivo del mio avvicinamento, ma non potrò mai dimenticare le sensazioni che ho provato degustando il loro vino: era come se il tempo si fosse fermato e come se in un attimo tutti i ricordi e le informazioni sulla Valpolicella si rivelassero nella mia memoria.
Il territorio le sue contraddizioni, i suoi profumi, i suoi vini, insomma sembrava come se si fosserò riaccese in me le luci della memoria.
E’ per questo motivo che dopo un anno da quell’incontro e dai vari incontri in cantina a degustare annate e visitare i terreni di Damoli, oggi ho deciso di scrivere le mie sensazioni, del passato e del presente, ma soprattutto guardando al futuro di un vino che ho sempre amato: “l’Amarone”.
I ringraziamenti di solito si fanno sempre alla fine e si citano alla fine di ogni articolo fonti e quant’altro invece io lo voglio fare adesso.
Ringrazio prima di tutto e di tutti Bruno Damoli, un uomo di un’altra epoca enologica, i suoi due figli Lara e Daniele per tutte le informazioni che mi hanno donato e per le splendide giornate trascorse insieme, a tutte le Aziende che in questi lunghi anni mi hanno dato la possibilità di parlare con loro e di degustare i loro vini, il Consorzio della Valpolicella, le guide e i suoi interpreti, alle riviste del settore, ma soprattutto a tutti coloro che mi hanno fatto innamorare dei luoghi che ho visitato, a tutti i luoghi che ho visitato per dei ristori e a tutte le splendide degustazioni tra le vie delle città del Veneto…..
Grazie di cuore!
Tecnica e Vitigni
tratto da Porthos numero 18/19 Autunno 2004-Inverno 2005 di Giampi Giacobbo a cura di Samuel Cogliati realizzato con la collaborazione di Luca Elettri e Mario Plazio.
La tecnica produttiva dell’Amarone è una preziosa eccezione nell’ambito dei vini rossi. Le uve sono raccolte a diversi gradi di maturità, a seconda della filosofia di ciascun produttore. Poi inizia la fase più originale: l’appassimento. In questo segmento della gestazione del vino hanno grande importanza il disegno e soprattutto la sensibilità del produttore; determinare il momento in cui interrompere l’appassimento e dare il via alla fermentazione è un’incombenza tutt’altro che scontata. Tradizionalmente l’uva veniva posta sulle arele, sorta di grandi cassettoni ricoperti di canne, in modo da assicurare una certa areazione ed evitare la formazione di muffe poco nobili. L’ubicazione più logica delle arelle erano i granai delle fattorie di collina, ideali per la buona circolazione di aria e per l’assenza delle nebbie autunnali che ristagnano in pianura.
Oggi a questo scopo si sono costruiti più anonimi capannoni, con temperature e umidità controllate, mentre l’uva è più spesso riposta in cassette di plastica. Meno caratteristiche di quelle in legno, hanno il vantaggio di una maggiore pulizia e di essere inattaccabili da muffe e microrganismi indesiderati.
Tradizionalmente sono tre i vitigni principe dell’Amarone: la Corvina, la Rondinella, e la Molinara. Entrato a far parte del disciplinare di produzione, è anche il Corvinone, altra uva autoctona della Valpolicella. In origine considerato un cultivar della Corvina, si è scoperto invece che è una varietà autonoma ben diversa dalla Corvina stessa. Conferisce al vino una grande concentrazione polifenolica, tannino e struttura.
La Corvina è reputata il vitigno più importante per l’apporto di tannino e sostanze coloranti; conferisce aromi fruttati, specie se coltivate in collina.
La Rondinella ha la proprietà di adattarsi a varie tipologie di terreno, da resistere alla siccità e di prestarsi piuttosto bene all’appassimento. E’ molto vigorosa e di buona produttività.
Caratteristica principale della Molinara è il suo grappolo spargolo, conferisce al vino una buona acidità e freschezza, però scarseggia di sostanze coloranti.
Altre uve, nella misura massima del 15 per cento complessivo, possono concorrere a produrre Amarone. Tra le autoctone citiamo alcune rare varietà come l’Oseleta, la Dindarella e la Forselina.
DEGUSTAZIONE
Damoli Bruno
Tutti gli amanti dell’Amarone dovrebbero confidare in questa cantina che non si è adeguata alla folle corsa dei prezzi e del vino che deve piacere a tutti.
L’azienda è situata a Negrar nel cuore della Valpolicalla Classica, la zona storica della Valpolicella, in Via Jago di Mezzo, 5, con 2 ettari di proprietà.
La famiglia vede in testa papà Bruno, un uomo dedicato alla storia del Valpolicella, e i suoi due figli Daniele, l’uomo tutto fare in azienda, e Lara, la responsabile vendita Italia e estero. Loro rendono questa Azienda una rarità nel panorama dell’Amarone.
Daniele e Lara mi raccontavano che suo papà continua a lavorare la terra e i vitigni come faceva suo nonno Checo.
La produzione è di circa 5.000 bottiglie e oggi si producono circa 1000 bottiglie di Amarone. Della produzione che abbiamo degustato, annata 2005, l’annata ora in commercio, sono state prodotte solamente 866 bottiglie.
Abbiamo assaggiato l’annata 2005 dell’Amarone “Checo”: il nome del vino è stato dedicato al loro nonno Francesco, da tutti chiamato “Checo dei Merli”. Mentre Daniele mi versa il vino nel bicchiere i colori mi portano a dei ricordi che pensavo di non ritrovare più, i primi sentori di prugna passita, ciliege sotto spirito, sono come un tuffo nel cuore, al palato le note di caffè e cacao sono delineate e precise, alla fine si sentono forti note balsamiche, nello sviluppo gustativo appare una interessante tannicità.
Questo Amarone apre il cuore di chi lo degusta la sua complessità e la sua freschezza lo rendono unico nel panorama moderno, sembra come se la famiglia Damoli volessi riportare questo vino nel posto che merita nell’olimpo dei vini rossi della Valpolicella.
Mi ha profondamente commosso, mi ha reso partecipe di un’avventura, la loro, che oggi considero di una difficoltà estrema, fare un vino per pochi e non per tutti.
Questo affascinante Amarone mi ha provocato l’effetto di berlo e non quello di un vino contemplativo.
Alla fine della degustazione mi sono subito reso conto che questo vino è elegante e gentile, come del resto questa splendida famiglia.
Scheda Tecnica:
Zona di Produzione: Nel cuore della Valpolicella Classica.
Altidudine: 200 m.s.l.m. fino a 400m.s.l.m.
Resa per ettaro: Vigneti con sistema d’impianto a pergola veronese, resa 100q/ha, vigneti con sistema d’impianto a guyot resa 80q/ha.
Vinificazione: le uve raccolte nel mese di ottobre, leggermente sovrammaturate, vengono adagiate in cassettine e appassite in fruttaio per circa 100-120gg, poi vengono pigiate e messe in vasche da acciaio, fermentano per circa 30-35gg. Durante il periodo di fermentazione, si eseguono rimontaggi e follature giornalieri e delastage.
Affinamento: il 70% del vino riposa, invecchia e matura circa 5 anni in botti di rovere di francese e di Slavonia da 8 a 12 hl, il restante 30%, invece, viene messo in barrique di secondo e terzo passaggio.
Azienda Agricola Damoli Bruno
Via Jago di Mezzo, 5 – 37024 NEGRAR
Verona ITALIA
www.damolivini.com
info@damolivini.com
Dedico questo mio articolo a tutti gli amanti dell’Amarone e a tutti quelli che in questi anni mi hanno aiutato a scoprire questo affascinante vino.
Massimo Fabiani