Andai nei boschi…
E’ una domenica di luglio…a Roma il sol leone splende raggiante nel cielo.
La temperatura suggerirebbe di andare a esplorare le coste romane, quelle stesse rive che in un
tempo ormai dimenticato, Enea ammirò prima di tutti noi.
Invece ci dirigiamo a nord, vogliamo ammirare una terra ancora più antica. Una terra nata dalla forza
dirompente ma al tempo stesso generatrice di madre natura: l’Etruria.
La storia geologica dell’Etruria Romana si collega per lo più a quella della fascia peritirrenica del Lazio
settentrionale e inizia circa 230 milioni di anni fa.
Continue eruzioni vulcaniche per lo più di origine esplosiva, terremoti violentissimi ed ere glaciali, hanno.
permesso la formazione di questo magnifico territorio.
Ci incamminiamo lungo la via Cassia. Il tragitto è breve: quarantacinque minuti. All’interno dell’abitacolo il
fumo di sigarette e la musica della Orme ci accompagnano.
Al bivio di Monterosi svoltiamo per la cimina, ci dirigiamo verso il lago di Vico. Scegliamo un posto da
visitare: località “la Faggeta”.
Arriviamo a un parcheggio sottostante “la Faggeta”, subito ci accorgiamo che la temperatura è cambiata.
Con molto stupore i sensi sono come rinati. Abituati all’odore acre di smog, respiriamo aria fresca, pulita.
aria di montagna, ma soprattutto possiamo sentire odori di fiori, conifere, abeti e l’odore del bosco.
“Andai nei boschi per vivere con saggezza, vivere con profondità e succhiare tutto il midollo della vita, per
sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto “citava Henry
David Thoreau . Ed è proprio quello che facciamo, ci addentriamo nel sentiero, possiamo vedere i raggi del
sole che attraversano gli alberi, tutto intorno muschi e licheni crescono sugli alberi e sulle rocce.
Che posto ancestrale, sembra che il tempo si sia fermato mille anni fa. Nella mente possiamo immaginare
quando tutto questo è nato: i vulcani, le eruzioni, il paesaggio che si è trasformato, i ghiacciai che si sono
ritirati, gli animali preistorici che dominavano incontrastati questi luoghi, ma soprattutto vogliamo
immaginare gli insediamenti umani, coloro che per primi hanno potuto ammirare questi luoghi. Cosa lì
ha spinti proprio in questo luogo e soprattutto perché?
Mentre nella nostra mente queste domande, si rincorrono…. ci accorgiamo che stiamo camminando ormai
da quasi un’ora. Poi a un certo punto lungo il sentiero massi giganti, sistemati come costruzioni, con
geometria impeccabile.
Macigni che hanno generato un microclima attorno a loro, con una propria flora, una propria fauna con
proprie leggi e strade…..ci accorgiamo che l’Università della Tuscia, ha posizionato dei cartelloni lungo
il percorso per capire questo luogo misterioso e affascinante. Ci avviciniamo con molta curiosità
e incominciamo a leggere. L’era di formazione del luogo è il Pliocene poco prima del Quaternario.
Le turbolenze geologiche e vulcaniche hanno creato questo posto. Anche i macigni
sono uno spettacolo della forza dei vulcani, portarti qui da eruzioni che si perdono nella notte dei tempi.
Le prime presenze dell’uomo risalgono all’età del bronzo.
Lo storico romano Tito Livio ci racconta che, fino alla fine del IV secolo a.C., questi boschi costituivano un
limite invalicabile a causa sia dell’impenetrabilità sia delle leggende che lo volevano pieno di sortilegi e
presenze inquietanti. Solo nel 310 a.C. il console Fabio Rulliano, dopo aver esplorato con molta, cura la
zona e aver rassicurato i legionari che le sinistre presenze erano solo leggende popolari, abilmente
alimentate dagli Etruschi, s’inoltrò attraverso il fitto bosco.
Ci accorgiamo che sono passate due ore dal nostro arrivo, abbiamo camminato molto lungo questi sentieri,
abbiamo respirato la storia del posto. Purtroppo il sole sta calando ed anche la temperatura. Torniamo
verso la macchina e notiamo vicino al parcheggio un ristoro. Entriamo e chiediamo due birre.
Un’altra sorpresa ci attende…..
Al primo sorso ci accorgiamo che sarà un’altra esperienza mistica cosi come lo è stata la visita alla Faggeta.
È una birra di colore chiaro, leggermente ambrato. La sua schiuma è abbondante e persistente.
Appena si poggia nel nostro palato, possiamo assaporare subito un sapore di malto che ti avvolge,
ci si accorge subito che è una birra di grande bevibilità.
È la birra BAI, prodotta nelle vicinanze. Un’altra rarità della Tuscia.
Siamo curiosi e navighiamo subito in internet per conoscere le sue caratteristiche: com’è prodotta.
come è distribuita ma soprattutto come deve essere bevuta.
È incredibile come vicino a Roma, si possano ancora trovare luoghi dove sembra che tutto si sia fermato,
dove l’uomo è ospite gradito, dove la natura ci fa capire ancora una volta, che con la sua forza dirompente
ci ha donato la vita ma che l’equilibrio da rispettare è talmente sottile che si può spezzare in
qualsiasi istante. La vita è stata generata nel corso dei millenni, da un insieme di reazioni chimico-
biologiche, estremamente complesse e fragili. Quelle stesse reazioni che hanno permesso alla
birra di esistere e di essere bevuta. Spetta solo a noi decidere di far sopravvivere e di permettere alle future
generazioni di ammirare questi luoghi incontaminati, così com’è una nostra scelta decidere di assaggiare la
Birra BAI.
Alla Prossima!
Claudio Sargentini