Dopo una serata passata con il colonello Jogorosky non è mai semplice alzarsi.
Ma oggi è il giorno giusto per farlo.
Il brivido che ci accompagnerà tutta la giornata, è iniziato.
Percorriamo le sacre strade di una città inerme e rispettosa di fronte a quello che oggi sta per accadere.
Parcheggiamo lontano a Trastevere, per goderci ancora per un po il prima, come se non ci fosse un dopo.
Ma noi siamo qui per il dopo.
L’isola Tiberina, il Tempio di Apollo, la Bocca della Verità sembrano irreali, la gente, le facce sono di plastica, metamorficamente modellanti intorno a noi.
In un attimo siamo dentro, voci che si rincorrono “Sembra Woodstock” anche se nessuno dei presenti probabilmente c’era sulla collinetta della contea di Ulster, “sembra quel rave a Zurigo” anche se la gente forse non c’è mai andata o non si ricorda di averlo vissuto, “sembra….” ma non lo è, non è niente di tutto questo.
Noi Siamo al Circo Massimo, qui c’è la storia, qui oggi ci sono The Rolling Stones.
Gli internauti hanno scelto la scaletta, intenditori e nostalgici, Mick ha fatto il resto.
Ecco l’omaggio a Roma ed alla sua Grande Bellezza, con le note di una tenerissima versione di “Streets of Love”.
Gli scorci di una capitale ormai avvolta dalle ombre della sera, ma illuminata “one more time”, dal coro dei 70 mila presenti, hanno gli stessi colori, le stesse luci della pellicola di Sorrentino.
Quando non seguono il copione e si lasciano andare, gli Stones regalano, ancora oggi, a settant’anni, lampi di lucida follia che hanno reso immensa la loro carriera ed unica questa magia.
Il rito è compiuto. La felicità palpabile dei presenti e la cornice maestosa del luogo sono bellezza, una grande bellezza.
Marco Sargentini