Il nuovo pensiero economico, sviluppatesi negli Stati Uniti, ha attecchito nel Vecchio Continente grazie ai riformisti che, grazie alla parola magica “New Economy” si prodigavano di apportare profonde trasformazioni al capitalismo ansimante di fine secolo XIX.
Ma cos’è la nuova economia?
La cosiddetta “New Economy” ha basato (e tuttora basa) tutte le sue fortune sulla capacità di acquisire informazioni.
Informarsi per arricchirsi: questa la “base” di partenza per avere imprese (e persone, imprenditori & aziende…) a più alto “tasso di ricchezza”.
Nacque così – al’inizio del nuovo secolo – la “centralità” indispensabile dell’informazione: sia nel campo finanziario sia in quello del nuovo mondo delle notizie (blog & siti d’informazione…).
Il capitalismo dunque – prima della grande tempesta della crisi dei “subprime” del 2008″ – intendeva rinnovarsi con e attraverso l’informazione: trasformando, plasmando la “notizia” come un perenne spot, attraverso il quale valorizzare la “merce”.
Nacque la “merce per eccellenza” : quella che permette al sistema di sostenere di accomulazione.
Tutto si amplifica grazie alle nuove tecnologie che, hanno reso possibile l’aumento (ab-norme) della capacità di creare, produrre, plasmare l’informazione. Questa “mistura” è alla base della nuova economia: è quella legata ai mercati finanziari e a Internet. Di colpo un’éra era per sempre finita e sepolta: quella legata al mondo della fabbrica e alla “Old Economy”.
-NEW ECONOMY ITALIANA : UNA LUNGA SCIA DI FALLIMENTI (CON QUALCHE ECCEZIONE).
L’introduzione della New Economy in Italia avvenne nell’ultima decade del Novecento, il cosiddetto “secolo breve”. Sono gli anni targati da marchi come “Tiscali” e “Kataweb” : con utili in Borsa del tutto eccezionali.
Ma è un fuoco di paglia. A distanza di una decade (anno più anno in meno…), questi marchi sono quasi tutti falliti. Il discorso cambia radicalmente per i loro inventori: di pari passo al fallimento si deve registrare la personale ricchezza con un sistema gigantesco di passaggio di denaro – si parla di miliardi di euro – dove sostanzialmente, tale denaro, è transitato dalle tasche di molti a quelli di pochi…
Kataweb e Tiscali non sono esempi isolati. La New Economy italiana racconta dunque, di una lunga sfilza di fallimenti – a fronte di realtà immense che si sono consolidate nel mondo, esempio: Google o Facebook – e, gli imprenditori italiani che avevano scomesso su di essa, trascorso un decennio, si sono convertiti – uno dopo l’altro – alla restaurazione analogica.
Non tutti però. E’ il caso di quei manager che sapevano fare solo quello e, quindi, hanno continuato su questa strada. E’ il caso di “Matrix” che, venduta a Telecom Italia per una cifra nell’ordine di miliardi di euro, “Ainio”, ha fondato “Banzai”; un gruppo poliedrico e molto attivo nell’editoria (da “Liquida” a “Il Post” di Luca Sofri).
Un altro esempio è quello di Gualandri. Insieme a un altro pioniere di “Matrix”, Fausto Gimondi, ha costruito “GiocoDigitale”: si tratta di business sui giochi online.
Ma la storia esemplare è quella di Silvio Scaglia: 55 anni, imprenditore di Novara. Soltanto qualche mese (siamo nell’estate 2013, n.d.r), ha investito 69 milioni, piccola parte del denaro accumulato grazie alla famosa “New Economy”, nell’acquisto di “La Perla”, nota azienda dell’abbigliamento intimo femminile. Il progetto è quello di creare una forte sinergia con “Elite Model World” , agenzia di moda comprata tre anni prima, per costruire un polo mondiale del lusso.
Insomma dopo la sbornia della “New Economy” si torna a puntare sul certo, sul sicuro e, nulla di meglio esiste della “grande bellezza femminile”; intesa anche come valore. Un valore di mercato e del tutto analogico.
-FIUME DI SOLDI E DI ERRORI.
La storia italiana è costellata di grande eccellenze (il c.d. “Made in Italy”) ma anche di grandi errori di valutazioni. Questi errori sono costati fiumi di soldi. Tanti soldi, sopratutto pubblici.
La lista è lunga: per brevità di spazio e tempo citerò solo un esempio che sintetizza al meglio ciò che è accaduto. Durante la sbornia della “New Economy” c’è stato il “Caso Alitalia” (ancora protagonista delle attuali vicende politiche-finanziare, vicende che diventano al tempo stesso cronaca e dramma umano…). Tralasciando errori politici e di gestione – il mancato affare con AirFrance per farla restare italiana e, ora, a distanza di pochi anni da quella scelta si provvederà alla vendita e alla fusione di Ethiad, compagnia aerea araba; una fusione che costerà salata e passerà attraverso dolorosi tagli di personale, tagli che con AirFrance erano molto inferiori – in quegli anni, mentre tutti erano interessati e affascinati dalla sbornia delle nuove tecnologie e, al conseguente progresso tecnologico che – seppure in modo disordinato e senza un preciso “piano di sviluppo industriale nazionale” (vecchio vizio dei governi che hanno caratterizzato la c.d. “Seconda Repubblica”, n.d.r), investì anche l’Italia; andò in onda, un gigantesco passaggio di denaro. Limitatamente al “Caso Alitalia” troviamo un nome di un imprenditore che ricorre spesso in questa storia e, capace di conquistare le cronache economiche-finanziarie di quegli anni ruggenti, ma solo per pochi. E’ Roberto Colanino l’eroe del momento. Dopo la vendita di Telecom alla Pirelli (di Tronchetti Provera,n.d.r) – siamo nel luglio 2001 -, l’ingente somma di denaro venne reinvestita nell’Immsi (immobili), Piaggio (veicoli a 2 e 3 ruote) e, quindi Alitalia.
Passata la “stagione della grande euforia”, il capitalismo italiano tornò quello di sempre: assolutamente fallimentare. Naufragato, miseramente e ingloriosamente negli scandali giudiziari.
-WI-FI
Il termine Wi-Fi, nel campo delle telecomunicazioni, indica una tecnologia ed i relativi dispositivi che consentono a terminali di utenza di collegarsi tra loro attraverso una Rete Locale in maniera “Wireless” (Wlan) basandosi sulle specifiche dello standard IEEE 802.11.
Negli ultimi anni, in Italia, sopratutto in alcune provincie e amministrazioni comunali, hanno avviato progetti per la realizzazione di rete cittadine – le c.d. reti civiche – con tecnologia Wi-Fi.
E’ Milano la città che più ha favorito lo sviluppo e l’insediamento di questa tecnologia. Bene anche Venezia che, con il programma “//venice>connectes-Cittadinanza Digitale” dal 2008 ha messo in opera 124 Km di cavo a 144 fibre ottiche e ha installato 215 hot-spot Wi-Fi che collegano 80 sedi pubbliche sul territorio.
Il Sud è in ritardo. L’unica città in controtendenza è Salerno. Nel biennio 2010-2012, ha esteso il Wi-Fi a tutta la città.
-RIVOLUZIONE E PROSEPTTIVE DEL VINO BIO IN ITALIA.
Nel 2012 i viticoltori italiani ed europei raggiunsero uno storico risultato: il riconoscimento, da parte dell’Unione Europea, del vino biologico “Doc”. Da quel momento è partita una vera e propria rivoluzione. Nulla è stato più come prima. Con il riconoscimento della denominazione “Doc” – che è stato possibile mettere anche nelle etichette delle bottiglie – i viticoltori, sopratutto quelli giovani, sotto i quaranta anni che, da qualche tempo – come ha certificato anche l’ultima edizione del VinItaly – hanno preso il sopravvento nel nostro Paese portando una ventata nuova in termini di rispetto dell’ambiente e anche nello sviluppo e valorizzazione del settore; questo “cambiamento epocale” si è tradotto anche nell’abbattimento dei solfiti nel vino: 50 milligrammi in meno di solfiti per ogni categoria.
Questa rivoluzione ha consentito di sviluppare una produzione curata nei minimi dettagli e, sopratutto, di mirare ai mercati esteri. Negli ultimi dieci anni, le uve coltivate secondo i criteri dell’agricoltura biologica registrano un trend in crescita, tutta improntata sulla qualità : anche per questa ragione, i vini italiani Bio, stanno avendo un grande consenso sui mercati del Nord Europa.
-I 5 MIGLIORI VINI BIO E PROSPETTIVE DI CRESCITA ULTERIORE.
Nel grande sviluppo del settore, in questo 2014, abbiamo selezionato un piccolo vademecum di 5 migliori vini bio, suddivisi per categorie.
-Categoria Spumanti: Prosecco di Valdobbiadene Stefanny Doc
Cantina Pizzolato
-Categoria Vini Bianchi : Verdicchio di Matelia Doc 2002
Collesanto
-Categoria Vini Rossi : L’Amaranto toscano Igt 2000
Casina di Cornia
-Categoria Vini Rosati : Sudtirol Lagrein Kreter Doc 2002
Nusserhof
-Categoria Vini Dolci : Arzimo Passito Veneto Igt
La Cappuccina
Secondo una recentissimo rapporto dell’Osservatorio Wine Monitor Nomisma, il 2% degli italiani acquista soltanto vino Bio e, le prospettive – a detta degli esperti del settore – sono molto più rosee per questa seconda parte del 2014 e, sopratutto, per i prossimi anni. A conferma di ciò c’è un dato eloquente: tra il2003 e il 2011, le bottiglie di vino Bio hanno fatto registrare un +67%!
C’è un altro dato che rende ottimisti i viticoltori italiani: da solo il vino Bio ha consentito di rasggiungere risultati eccellenti nel segmento dell’export. Negli Usa, l’Italia è il 3° player e, specificatamente a questo segmento, ha centrato un 13%: le previsioni indicano che questo dato migliorerà sensibilmente e, grazie a esso trainerà le bottiglie Bio su altri importanti mercati: quello asiatico e sudamericano.
La rivoluzione biologica oltre a portare nuove idee – nel campo della valorizzazione del marketig – ha consentito alla generazione dei quarantenni di rivitalizzare un settore che era in grave affanno per colpa della crisi: finalmente anche nel nostro paese si comincia a capire che le nuove generazioni sono una risorsa da valorizzare e non da penalizzare.
(Fonte.:nytimes;guardian;sole24ore;corrieredellasera;fattoquotidiano)
Scritto da
Umberto Fabiani
Link
-www.leftcom.org/it/articles;
-BoingBoing.net;
-www.slowfood.it;
-www.lettera43.it;
-www.teatronaturale.it;
-www.federbio.it;
-www.newyorktimes.com;
-www.guardian.com;
-www.corrireredellasera.it;
-www.sole24ore.it;
-www.fattoquotidiano.it